Danni da fauna selvatica in agricoltura

La pressione della fauna selvatica su colture come mais, cereali, vite, orticole e frutteti è in aumento. Cinghiali, caprioli, cervi e altri ungulati possono distruggere in pochi giorni il lavoro di un’intera stagione, con perdite economiche difficili da dimostrare senza prove solide.

In questo contesto, la georeferenziazione dei danni con droni e rilievi di precisione sta diventando uno strumento chiave per tutelare gli agricoltori, dialogare con gli enti preposti e avanzare richieste di indennizzo in modo più strutturato.

In questo articolo vediamo, in modo pratico e chiaro:

  • che cos’è la georeferenziazione dei danni;
  • perché è fondamentale nei casi di fauna selvatica;
  • come funzionano i rilievi con drone (passo dopo passo);
  • quali dati servono davvero per una perizia tecnica credibile;
  • come integrare foto, mappe e report nelle richieste di risarcimento.

Che cos’è la georeferenziazione dei danni in agricoltura

Per georeferenziazione si intende la mappatura precisa di un fenomeno su base geografica, assegnando a ogni punto coordinate GPS (latitudine, longitudine, altitudine).
Nel caso dei danni da fauna selvatica, significa:

  • individuare dove sono avvenuti i danni;
  • quanto è estesa l’area colpita;
  • con quale intensità è stato compromesso il raccolto.

La georeferenziazione permette quindi di passare da frasi del tipo: “Mi hanno distrutto il campo” a dati misurabili come: “Sono stati danneggiati 2,37 ettari, con una perdita stimata del 45–60% rispetto al potenziale produttivo medio degli ultimi anni.”

Questa differenza, quando si parla con enti, assicurazioni o tecnici, fa tutta la differenza.

Perché la fauna selvatica è un problema crescente per le aziende agricole

Negli ultimi anni, in molte aree italiane, le popolazioni di fauna selvatica (soprattutto cinghiali) sono aumentate e si avvicinano sempre più alle zone coltivate. Le conseguenze per le aziende agricole sono:

  • Danni diretti alle colture
    Semi appena interrati, germogli giovani, piante mature: in ogni fase del ciclo colturale esiste una finestra in cui il danno può essere massimo.
  • Danni indiretti al terreno
    Zolle smosse, solchi, calpestio che rende difficoltoso l’ingresso dei mezzi e può richiedere ulteriori lavorazioni.
  • Impatti economici difficili da quantificare “a occhio”
    Perizie fatte solo con un sopralluogo a piedi spesso si limitano a stime molto generiche.

È qui che entra in gioco la georeferenziazione: fornisce una base tecnica oggettiva per dimostrare l’entità del problema.

danni da fauna selvatica in agricoltura

Perché usare i droni per georeferenziare i danni da fauna selvatica in agricoltura

Un drone con sensori RGB (fotocamera) e, se disponibile, multispettrali, permette di:

  • Ispezionare velocemente grandi superfici
    In pochi minuti si possono sorvolare decine di ettari, con un dettaglio che a terra sarebbe impossibile.
  • Vedere il danno dall’alto
    Le “strisciate” e le aree devastate dai passaggi degli animali si leggono in modo molto chiaro in mappa.
  • Produrre prove visive difficili da contestare
    Ortofoto ad alta risoluzione, con data e coordinate, sono elementi molto forti in un dossier di richiesta risarcimento danni.
  • Integrare dati quantitativi
    Non solo foto: è possibile stimare la superficie danneggiata e, con indici vegetativi, il calo di vigore rispetto alle zone sane.

Come funziona un rilievo con drone per i danni da fauna selvatica

Vediamo il processo tipo, dalla chiamata dell’agricoltore al report finale.

1. Raccolta informazioni preliminari

  • coltura interessata (mais, frumento, vigneto, orticole, ecc.);
  • data presunta dell’evento o degli eventi (spesso i danni sono ripetuti nel tempo);
  • estensione del campo e suo perimetro;
  • eventuali rilievi o foto già scattate a terra.

In questa fase si definiscono anche gli obiettivi del rilievo:

  • sola documentazione dei danni (foto e mappa);
  • stima della superficie colpita;
  • analisi di vigore con indici vegetativi (se disponibili sensori multispettrali).

2. Pianificazione del volo

Il volo viene pianificato con un software di missione che imposta:

  • quota di volo (ad esempio 60–100 m, a seconda del dettaglio richiesto e dei vincoli normativi);
  • sovrapposizione tra le immagini (frontale e laterale) per permettere l’elaborazione fotogrammetrica;
  • area da sorvolare, che deve includere:
    • il campo danneggiato,
    • una fascia di coltura non danneggiata da usare come riferimento.

3. Esecuzione del volo con drone

Sul campo si esegue il volo registrando il log e le coordinate GPS. Il risultato è un set di immagini ad alta risoluzione, con coordinate spaziali che è impossibile integrare nei più comuni software di mappe (es. Google Maps).

4. Elaborazione fotogrammetrica e creazione dell’ortofoto

Le immagini vengono elaborate con software di fotogrammetria per generare:

  • ortofoto georeferenziata dell’area (una grande “foto unica” vista dall’alto);
  • modello digitale di superficie (DSM e DEM), utile in alcuni casi per valutare deformazioni del terreno;
  • se disponibile multispettrale, mappe NDVI/NDRE per valutare il vigore residuo.

5. Analisi e quantificazione della superficie danneggiata

Una volta delimitate le aree di danno si calcola la superficie in ettari o metri quadrati. Il danno si può distinguere in:

  • danno lieve (vigore ridotto, ma pianta ancora attiva),
  • danno medio,
  • danno grave o totale (piante mancanti o completamente compromesse).

6. Stima del danno economico a cura del tecnico/agronomo

I dati dei rilievi del drone vengono poi integrati con dati agronomici, ad esempio:

  • rese medie storiche della coltura in quella zona;
  • valore di mercato del prodotto;
  • eventuali costi aggiuntivi (risemine, lavorazioni extra, ecc.).

Vantaggi dei rilievi con i droni rispetto alle perizie tradizionali

Rispetto al solo sopralluogo a piedi, la georeferenziazione con drone offre:

  • Oggettività
    I dati sono misurabili e ripetibili. Le coordinate GPS e le ortofoto parlano da sole.
  • Completezza
    Si analizza l’intero campo e non solo pochi punti di campionamento.
  • Velocità
    In situazioni di emergenza, è possibile mappare più appezzamenti in una sola giornata.
  • Archivio digitale
    Le mappe restano come storico, utili per confronti negli anni successivi o per documentare danni ricorrenti nella stessa zona.
  • Forza negoziale
    Un report strutturato, con mappe, numeri e foto georeferenziate, rende più solida la posizione dell’agricoltore nei confronti di enti e assicurazioni.



Quanto tempo serve per fare un rilievo con drone?

Per un singolo appezzamento di dimensioni tipiche (10-20 ettari), il volo dura circa 15-20 minuti, dipende dalla complessità del campo. L’elaborazione dati richiede più tempo, ma in genere il report può essere consegnato in tempi brevi, a seconda della complessità dell’analisi.

Che tipo di drone è necessario?

Per la sola documentazione visiva può bastare un drone con fotocamera RGB ad alta risoluzione.
Per analisi più avanzate del vigore residuo della coltura, è preferibile un drone con sensore multispettrale in grado di generare NDVI, NDRE e altri indici vegetativi.

I rilievi georeferenziati sono utili anche in caso di danni ripetuti nel tempo?

Sì. Anzi, creare uno storico di mappe anno dopo anno aiuta a:
– individuare le zone più sensibili agli attacchi;
– dimostrare la ricorrenza del problema;
– supportare eventuali richieste di interventi strutturali (recinzioni, piani di contenimento, ecc.).

I dati raccolti con il drone sono accettati in sede di perizia?

Le ortofoto e le mappe georeferenziate, se realizzate da un operatore certificato e integrate nel lavoro di un tecnico abilitato (agronomo, perito agrario, geometra, ecc.), rappresentano una base tecnica molto forte. Ogni ente può avere procedure specifiche, ma in generale dati chiari, georeferenziati e documentati aiutano sempre.


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